Alan Turing 

Se ci aspettiamo che una macchina sia infallibile, essa non può essere anche intelligente. “[cit.]
Tutti conoscono Einstein o Marconi, ma la storia è colma di personaggi che hanno determinato il nostro mondo ma restano quasi sconosciuti, relegati ai margini di una cultura “generale” come fossero dei corollari.
Alcuni sono talmente decisivi che potrebbero essere indicati come inizio di una nuova era. A volte succede, ma solo fra gli addetti ai lavori. Capita con Socrate (i filosofi precedenti infatti si indicano come pre-socratici) o Copernico con la teoria eliocentrica, di cui si ha (forse) qualche ricordo scolastico.
Ma uno in particolare dovrebbe essere molto più noto e celebrato, per le incredibili ripercussioni che ebbero, ed hanno tuttora, le sue intuizioni nella nostra vita di tutti i giorni.
Signore e signori, vi presento Alan Turing.
Per molti è un matematico sconosciuto, era un tipo schivo, e adorava correre. Fu affascinato dal quesito posto da Hilbert sulla calcolabilità e nel 1936 teorizzò un procedimento che voleva sostanzialmente rispondere ad una domanda fondamentale: è possibile stabilire se una cosa è vera o falsa senza l’uso dell’intelligenza? In modo automatico?
E mentre ci pensava, correva.
La sua macchina (impianto logico), nota proprio come macchina di Turing (MDT), è così fondamentale da essere utilizzata anche oggi per comprendere i limiti di calcolo dei complessi algoritmi che girano nei computer di tutto il mondo.
Grazie a questa sua straordinaria propensione alla logica, fu reclutato assieme a decine di altri presso Bletchley Park, una tenuta a 75 km da Londra, che divenne il centro segreto di crittoanalisi del regno unito.
Questa è forse l’unica cosa che si conosce di lui grazie ad Hollywood ed il film “Enigma” del 2001 prodotto da Mick Jagger (sì proprio lui).
Enigma era una macchina, che grazie ad una cifratura particolare, permetteva ai tedeschi di comunicare segretamente durante la guerra. La svolta decisiva nella decodifica dei messaggi prodotti da Enigma avvenne proprio grazie a Turing che inventò un’altra macchina automatica (e intendo proprio una macchina con ingranaggi meccanici) in grado di decriptare le comunicazioni. Questo permise, secondo alcuni, di accorciare di 2 anni il conflitto mondiale, e salvare migliaia di vite umane.
Dopo la guerra non ebbe mai alcun riconoscimento per il suo apporto fondamentale al successo dello sbarco in Normandia e la vittoria degli alleati. Tutto era secretato. Ma il vero motivo per cui, nemmeno successivamente, fu mai portato agli onori della cronaca è tristemente noto: era omosessuale. E per di più aveva un animo così candido da considerare impossibile che le sue preferenze sessuali potessero essere un difetto.
Ma si sbagliava.
Nel frattempo grazie al suo ingegno progettò nel 1945 quello che avrebbe potuto essere il primo computer del mondo, se solo il National Physical Laboratory per cui lavorava gliene avesse dato la possibilità.
Nel ‘48 anticipò di decenni lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e delle reti neurali, un lavoro definito dal suo direttore come: “temino delle medie”.
E intanto il nostro eroe pensava, e correva.
Ed eccelleva anche nella corsa, al punto che mancò di un soffio la convocazione per le olimpiadi del 1948.
Nel 50 scrisse uno dei primi programmi informatici, ed anche il primo programma di scacchi, considerato una perdita di tempo fra i colleghi ben pensanti.
Poi il 31 Marzo del 1952 il dramma. Fu arrestato per omosessualità.
Dovremmo dire che si condannò da solo, perché denunciando il furto del suo portafoglio, ammise che fu opera di un “amico occasionale” portato a casa la sera prima. Dichiarò beatamente al giudice che non stava facendo nulla di male, dimenticando tuttavia che l’omosessualità fosse un reato.
Non potendo sopportare l’idea del carcere, accettò la castrazione chimica, ma gli ormoni gli deturparono il corpo facendolo ingrassare.
Così dopo 2 anni, a soli 40 anni, si suicidò col cianuro.
Fu trovato steso a letto con una mela morsa sul comodino.
La leggenda narra che fu proprio la mela ad essere avvelenata, ma nessuno si prese la briga di accertarlo.
Strana scelta quella della mela, che si intreccia nel destino leggendario del passato, fra la fisica di Newton e la favola di Biancaneve. Per arrivare all’omaggio silenzioso (secondo alcuni) che Steve Jobs fece al vero padre del computer. La cosa fu smentita ufficialmente da Apple, ma poiché una mela morsicata è tutto ciò che la società bigotta dell’Inghilterra ci ha saputo regalare dell’immenso genio di Alan, sarei felice se d’ora in poi, ogni volta che vedrete quel logo sul dorso del vostro IPhone, pensaste, anche solo per un secondo, ad un uomo a cui dovremmo dire tutti grazie, e scusa.
Soprattutto la regina che gli concesse ufficialmente il "perdono reale" solo nel 2012, dopo cento anni dalla morte.
Povero Alan, povero mondo.

Stanislav Petrov 

In un’epoca dove la notorietà si conta col numero di like, vorrei “rendere noto” qualcuno che valga davvero la pena ricordare.
Il tenente colonnello Stanislav Petrov la notte del 26 settembre 1983, in piena guerra fredda, sostituì un collega al controllo del sistema missilistico russo denominato OKO. Per nostra fortuna, quella notte decise di ritenere “improbabili” ben 5 allerta di attacco missilistico statunitense e disobbedendo clamorosamente al protocollo della difesa sovietica, Petrov salvò letteralmente l’umanità da una probabile catastrofe nucleare. Successivamente venne accertato che si trattò di una particolarissima congiunzione astronomica tra Terra e Sole e orbita dei satelliti in occasione dell’equinozio d’autunno appena trascorso. Il fatto viene infatti ricordato come “l’incidente dell’equinozio d’autunno”.
Il nostro eroe, con un sangue freddo invidiabile, ritenne troppo esiguo l’attacco per essere vero, rispetto all’ arsenale missilistico USA, e conoscendo l’altissima probabilità di risposta della macchina bellica sovietica, decise di aspettare conferme che per sua fortuna (?) non arrivarono mai, e dovette quindi segnalare in seguito il “malfunzionamento”.
Avendo messo in risalto la scarsa attendibilità del sistema, il povero Petrov non solo non venne mai elogiato per la decisione presa, ma addirittura redarguito e pensionato anticipatamente, finì per morire indigente nel 2017 in una cittadina vicino a Mosca.
Ogni 26 settembre dovremmo fare un bel brindisi a questo grande uomo che decise di sostenere per alcuni minuti i destini del mondo nelle proprie mani, sconosciute e ferme.

Wolfgang Fischer in Beltracchi

Nel mio percorrere la storia “magistra vitae”, vorrei raccontare di uomo che suo malgrado è diventato famoso, e che invece non avrebbe proprio voluto.
Wolfgang Fischer in Beltracchi.
Vive fin da piccolo a contatto con vernici e pennelli perché tutti dipingevano in famiglia (ad eccezione del fratello maggiore) Il padre lavorava come restauratore, e probabilmente per toglierselo di torno, la leggenda narra che diede al figlio una cartolina di un quadro di Picasso chiedendogli di replicarla. Quando il giovane Wolfgang, allora quattordicenne, fece vedere l’opera finita al padre, questi notò che non solo il dipinto era perfettamente fedele, ma addirittura migliorato nei dettagli, e vedersi sorpassato nella tecnica dalla bravura del figlio, lo sconvolse così tanto da non riuscire più a lavorare per due anni.
Wolfgang visse di espedienti dipingendo per strada per gran parte della propria giovinezza, rifiutando anche ingaggi importanti perché era svogliato, un vero Hippie, e preferiva andarsene in giro in moto, ma poi con la “maturità” fece qualcosa di estremamente intelligente. Nonostante sia noto come il falsario del secolo, egli non replicò mai quadri noti, ma fece molto di più: creò quadri che non esistevano.
Lui non falsificava i quadri, falsificava l’artista.
In pratica restituiva al mondo opere dei maestri ritenute perse per sempre, o mai scoperte.
La sua maestria fu tale da avere un suo quadro nella copertina di un catalogo ufficiale di Christie (ad insaputa di Christie ovviamente).
Nel 2011 durante il processo che lo condannò furono individuati 60 suoi quadri, alcuni dei quali esposti nei più famosi musei del mondo, ma lui stesso afferma (e gli esperti della Cbs sono d’accordo) che nel mondo ce ne siano qualche centinaio(!).
Accettò addirittura di mostrare una falsificazione in tempo reale portando una troupe su un ponticello di legno vicino a casa sua, ed appoggiata una tela cominciò a fare un Ernst. Perché lì? «Perché Ernst lavorava su un pavimento d’assi». E quanto potrebbe valere il lavoro finito? «Direi cinque milioni di dollari».
Infatti, un collezionista americano che precedentemente aveva acquistato un Ernst fasullo per sette milioni di dollari, dopo il processo e le perizie se lo fece rispedire dichiarando: «E’ uno dei più belli che abbia mai visto».
Questa storia ci insegna 3 cose in particolare.
1 Non fidatevi troppo della lista degli ingredienti di ciò che comprate. Infatti il nostro amico fu smascherato per la presenza di titanio (non dichiarato nell’etichetta del tubetto di colore bianco che usò per dipingere un quadro) che all’epoca dell'artista impersonificato non doveva esserci.
2 Il valore di un’opera d’arte non ha nulla a che vedere con la bellezza o con ciò che suscita, ma solo per la sua “limitata quantità”. È lo stesso motivo per cui le opere d’arte valgono di più quando l’artista muore.
Il tema della “scarsità” è intriso in ogni ambito della nostra società, tranne uno: la nostra vita.
Sappiamo che è limitata, ma non avendo idea di quanta ne resti, pensiamo di poter dipingere per sempre, senza comprendere che tutti quei quadri ( o momenti) diventeranno preziosi solo dopo la nostra morte, per tutti, tranne che per l’artista.
3 La bellezza non sempre è “valutata” proprio perché nasce senza uno scopo, e proprio come dovrebbe essere per l’Arte: basta a se stessa.
Per concludere il buon Wolfgang ha destabilizzato così tanto il ruolo degli “autenticatori”, che ora gran parte degli esperti rifiuta di certificare anche le opere di cui è “sicura”, ad eccezion fatta degli scienziati che analizzano (scientificamente) i pigmenti e le trame delle tele.
Ora Wolfgang firma i suoi quadri col suo nome e pare vendere bene, anche se dovrà farlo senza sosta per ripagare i 27 milioni di dollari che potrebbero costargli le denunce.
Tuttavia alla domanda se fosse pentito egli rispose di sì: di aver sbagliato tubetto del bianco!